FEBBRAIO 2006
 

Roma, Febbraio 2006

PER LA PRIMA VOLTA GLI ITALIANI ALL'ESTERO FARANNO SENTIRE LA LORO VOCE

Per la prima volta i nostri concittadini residenti all'estero potranno votare alle elezioni politiche. Alla Camera dei Deputati verranno eletti 12 deputati ed al Senato della Repubblica 6 senatori suddivisi in quattro grandi “Circoscrizioni Estero. E' iniziata la serie dei viaggi che Dario Rivolta ha programmato per selezionare i candidati di Forza Italia all'estero. Nell'ultima settimana di gennaio Rivolta ha potuto incontrare tutti dei rappresentanti di Azzurri nel Mondo nel Sud America in Venezuela, Colombia, Argentina e Brasile. Dal 27 febbraio in qualità di responsabile dell'Area Internazionale di Forza Italia e coordinatore della campagna elettorale all'estero di Forza Italia, seguirà la missione del Presidente Berlusconi che si incontrerà con il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush. In questa occasione il Presidente Berlusconi e l'on. Dario Rivolta incontreranno anche i candidati alle elezioni del 9 Aprile delle circoscrizioni del Nord e del Sud America.e

 

 
   
  DICEMBRE 2005
 

Roma, Dicembre 2005

VIA DALL'IRAQ SOLO QUANDO IL PAESE SARA' AUTONOMO

Come ampiamente previsto, la gestione del dopo elezioni in Iraq è tutt'altro che una strada in discesa. Al di là delle contestazioni sulla regolarità del voto, che deve comunque essere sempre misurata tenendo conto del contesto oggettivo, è sorto il problema di un centinaio di sunniti eletti, le cui nomine non sono state convalidate poiché appartenenti al partito Bath. Oltre ciò, sul cammino ci sono altri problemi, già evidenziati, come la modifica di alcuni punti della Costituzione recentemente approvata, la reale disponibilità delle risorse, la federalizzazione e i suoi limiti oggettivi. Quel che si manifesta, comunque, è la enorme difficoltà a cooptare, nella gestione dello Stato (in tutte le sue declinazioni) la completezza delle etnie e delle fedi religiose presenti nel Paese.

In questo quadro non bisogna dimenticare che siamo pur sempre in Medio Oriente, luogo dove tutte le trattative, ivi compreso quelle politiche, devono tradizionalmente avvenire con teatrali colpi di scena, indicazioni vere o presunte, abbandoni del tavolo con promessa di mai più tornarvi, tante volte ripetute quante volte da noi il fumatore pentito giura di smettere. E' pur vero che il presidente della Repubblica Jalal Talabani, nell'arte della negoziazione mediorientale è uno dei maestri e, al meno al pari a questa sua capacità, egli ha mostrato doti di moderazione e lungimiranza politica indispensabili in questo frangente. Gli ostacoli però sono così evidenti che , se i bookmaker di Londra quotassero l'esito a medio termine del processo democratico, pochi saprebbero su quale delle alternative scommettere.

A questo punto, per poter avere un quadro chiaro della situazione, è indispensabile , per tutti noi occidentali, reinquadrare l'intera materia: la guerra fu oggettivamente, come avemmo occasione di dire, un errore strategico. Il dopo Saddam, dittatore sanguinario e spregevole, non fu previsto ne preparato con la necessaria attenzione da parte di coloro che decisero l'attacco. La stessa gestione del dopo guerra appare oggi piena di errori e di incompetenze. Tuttavia, ogni politico che si rispetti, pur partendo dalle analisi del passato, deve fare i conti con il quadro che gli si presenti e non può crogiolarsi in sogni o rimpianti. Nella difficoltà evidente del rapporto tra sciiti, sunniti e curdi la fissazione di una data per un qualunque ritiro sarebbe un atto inconsulto e forse perfino peggiore della decisione di scatenare la guerra.

Qualcuno ha voluto paragonare l'Iraq al Vietnam: ciò è totalmente campato in aria. Quando gli americani abbandonarono il debole governo di Saigon, dietro pressione dell'opinione pubblica propria e mondiale chi subentrò furono un esercito e una classe dirigente capace di organizzazione e già adusi a governare uno Stato. In quel frangente poi il mondo diviso in due blocchi consenti ad entrambi i capifila di controllare ciascuno il fronte dei propri alleati e di garantire una relativa stabilità sia nell'area circostante sia nel resto del mondo. L'abbandono dell'Iraq oggi sarebbe invece più simile , seppure solo parzialmente , a ciò che successe in Afghanistan dopo la fuga delle truppe sovietiche: un governo debole travolto, quasi immediatamente, da una guerra civile con forze interne al Paese che si impadronirono del potere dando vita all'integralismo religioso e dittatoriale dei talebani. Oggi la situazione a Baghdad sarebbe ancora peggiore, perché non esiste nemmeno un'unica forza come quella talebana in grado di impadronirsi di tutto il territorio. I curdi, davanti alla guerra civile che scoppierebbe immediatamente dopo il ritiro delle truppe alleate, si ritirerebbero nei propri confini creando uno stato, di fatto indipendente, che diventerebbe subito il nemico numero uno, e non per volontà dei curdi, di Iran e Turchia. Nel Centro e nel Sud del Paese dovremmo assistere ad intromissioni più o meno palesi di iraniani, sauditi e chi più ne ha più ne metta. Nel resto del mondo il ritiro delle truppe americane sarebbe letto come una sconfitta della superpotenza, aprendo cosi la stura a una situazione semianarchica dove nessuno avrebbe più né autorevolezza né autorità o fucile.

Con questo scenario, del tutto realistico per quanto apocalittico, annunciare ritiri di truppe ha senso solo come tentativo di dimostrare agli iracheni che la prospettiva è comunque quella di una vera indipendenza e al mondo che nessuno manifesta intenti neocoloniali. Ma dall'annuncio alla pratica, salvo smobilitazioni di carattere puramente simbolico, ne deve correre.

E' per questo che politici responsabili devono adesso avere il coraggio di spiegare alla gente che il desiderio comune è andarsene dall'Iraq al più presto, ma che questo potrà avvenire soltanto di fronte alla reale ed efficace presa di potere di un nuovo governo iracheno forte e stabile. Fino a che questa premessa non diverrà realtà, è un obbligo reale e politico di tutti i Paesi democratici del mondo mantenere le proprie truppe sul terreno, continuando a lavorare fino a che le istituzioni irachene non manifestino una reale capacità di autonomia.
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  NOVEMBRE 2005

Roma, Novembre 2005

PRESIDENTE BERLUSCONI, MIGLIOR MINISTRO ESTERI DELLA STORIA

  Dario Rivolta, responsabile esteri di Forza Italia, contesta l'opinione, espressa dal presidente dei Ds, Massimo D'Alema, secondo cui il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi ''non ha contribuito a curare l' immagine internazionale del nostro paese''. Secondo Rivolta, ''D'Alema sbaglia a non riconoscere il successo del governo Berlusconi'' che fanno del presidente del consiglio ''il miglior ministro degli esteri nella storia della Repubblica italiana''. Per l'esponente di Forza Italia, Berlusconi ''ha dato nuova spinta internazionale all'Italia partendo dal recupero della credibilita' del paese agli occhi degli stranieri''. E ''la decisione di partecipare in forza alle operazioni Isaf e 'Enduring freedom' in Afghanistan e di inviare un significativo contingente militare in Iraq per contribuire alla ricostruzione ci hanno consentito di sedere a tutti i tavoli'', convincendo gli osservatori e gli interlocutori ''che, questa volta, non si era di fronte alla solita 'italietta tremebonda'''. In Europa, ''francesi e tedeschi ci guardavano dall'alto in basso'', ma ora, per Rivolta, ''il braccio di ferro su la sede dell'agenzia alimentare, l'essere capofila del gruppo di paesi europei che si e' dissociato dall'attacco franco-belga agli Stati Uniti, l'asse preferenziale creato con il laburista Blair, l'impegno speso in Europa a favore della Russia, per la soluzione del contenzioso libico e per l'ingresso della Turchia ci hanno rimesso al centro dei giochi dell'Unione''. E in Medio Oriente, dove era privilegiata ''l'interlocuzione col mondo arabo facendoci guardare da Israele come partigiani avversari'', Berlusconi ''ha saputo ritessere le fila di una relazione privilegiata con lo stesso Israele'', senza che ''ne soffrissero le buone relazioni con i paesi arabi''. In conclusione, per Rivolta, ''Berlusconi, da capo del governo, e' stato il miglior ministro degli esteri nella storia della Repubblica italiana''. e


 
   
  OTTOBRE 2005
 

Roma, 17 Ottobre (Velino)

Dario Rivolta : Alternative ad alleanza con Usa? Chi le ha, le dica

Non c'e' alcun motivo per mutare la linea tenuta da Roma sulla questione irachena. La scelta politica di rimanere li', fino a quando le autorita' locali non ritengano che la situazione sia abbastanza matura da lasciarci venir via, e' comunque confermata". A parlare e' Dario Rivolta, responsabile della politica estera di Forza Italia, mentre in una intervista al Velino illustra temi e priorita' internazionali del primo partito di governo. "Non coltiviamo fantasie sul ruolo militare. Noi non abbiamo un ruolo militare ne' importante ne' meno importante. Abbiamo pero' un ruolo di aiuto alla icostruzione, e una importantissima funzione simbolico-politica - prosegue Rivolta - Sono stato recentemente nel nord dell'Iraq, e ho avuto modo di toccare con mano la diffusa gratitudine nei confronti del nostro Paese. Solo una perplessita', mi ha detto una volta un deputato curdo, il fatto che ogni tanto si senta dire che l'Italia ha intenzione di ritirare i suoi contingenti". E' la promessa dell'Unione, potra' essere mantenuta? "Dentro l'Unione - risponde Rivolta - ci ono due posizioni molto diverse fra loro. Le dichiarazioni di Romano Prodi, che sull'esempio di Zapatero, vuole portare via le truppe, posso leggerle solo come annunci elettorali. Pensare realisticamente che l'Italia possa ritirare la sua presenza militare senza subire forti contraccolpi in termini di credibilita' nternazionale, non mi sembra possibile. Dovesse anche andare al governo il centro-sinistra, mi auguro che valga il principio del mantenimento degli mpegni assunti. Certo, non credo che questo possa avvenire senza traumi interni all'Unione. È evidente che Prc e Verdi hanno una linea di politica nternazionale che definirei poco realistica". "Possiamo criticare gli Usa, e abbiamo un sacco di motivi per farlo - aggiunge l'esponente di Forza Italia -. Possiamo rimarcare le differenze culturali di fondo fra noi e gli Stati Uniti, ma nessuno puo' negare due cose: primo, che ci sono molti piu' punti di contatto, culturali e politici.

Secondo, che l'alleanza con gli Usa e' comunque una scelta strategica di larghissimo respiro. Chi pensa diversamente indichi le alternative.
Guardiamo anche a Francia e Germania - prosegue Rivolta - i due Paesi che sulla questione irachena hanno avuto i dissapori piu' gravi con gli Usa. Parigi, sulla crisi siro-libanese sta giocando una partita molto seria, che non ha come unico obiettivo la soluzione di una crisi locale ma anche il iallacciare certi rapporti che gli stessi francesi considerano indispensabili. E anche le tensioni registrate tra Berlino e Washington devono esser lette come un prezzo che Gerhard Schroeder ha dovuto pagare per mantenere la legislatura. Per il resto la Germania, che non ha partecipato all'intervento bellico come non abbiamo partecipato noi, ha - esattamente come noi - autorizzato il diritto di sorvolo per gli aerei della coalizione e lo spostamento di truppe e militare bellico sul proprio territorio. E ha inviato i propri militari se non in Iraq, comunque in sostegno alla situazione irachena. Persino con i Verdi al governo, dunque, la Germania ha avuto un doppio binario: quello delle dichiarazioni ufficiali e quello del comportamento effettivo. I Verdi non fanno piu' parte del governo, dove invece siede una Cdu-Csu che, dal canto suo, ha sempre sostenuto la necessita' di rapporti piu' stretti con gli Usa. Oggi, dunque, credo che anche per l'Spd possano esservi meno problemi nel far si' che le parole possano coincidere con i fatti". Alcuni osservatori - fa notare il Velino - hanno criticato il governo Berlusconi per non aver tenuto una linea di equidistanza nella regione mediorientale, soprattutto in rapporto al conflitto israelo-palestinese, sostenendo che in questi ultimi anni l'Italia ha visto indebolire il suo ruolo di interlocutore privilegiato nell' area mediterranea. Qualcosa di vero, in queste considerazioni? "Con Israele abbiano creato un intesa che prima non c'era - risponde Rivolta - Grazie al governo Berlusconi siamo considerati da Tel Aviv addirittura come mediatori al di sopra delle parti, o meglio, vicini a tutte e due le parti. L'opposizione pero' non e' disposta a riconoscere che il rafforzamento dei nostri rapporti con gli israeliani non e' andata a discapito del nostro dialogo con il mondo islamico". L'auspicio di un ritorno ad una politica "andreottiana", conclude dunque Rivolta, e' del tutto anacronistico. "Noi abbiamo superato, senza negarle, le aperture operate da Giulio Andreotti. E non dimentichiamo poi che quella linea aveva un senso all'interno di un mondo diviso in due blocchi, in cui l'Italia poteva permettersi di fare la 'fronda' perche' in ogni caso garantita dai rapporti con gli Usa. Oggi la dinamica e' diversa. Se qualche analista ritiene che si debba tornare al passato, e' qualcuno che non ha preso atto dei cambiamenti avvenuti.

Qualche dubbio, infine, Rivolta lo ammette nel contesto europeo. "In Europa - spiega - l'Italia non sfrutta sufficientemente il vuoto creatosi dopo i referendum in Francia e Olanda, che hanno di fatto causato l'evaporazione dell'asse Parigi-Berlino. Occorre pero' anche dire che la politica italiana in Europa, fino al governo Berlusconi escluso, e' sempre stata, nei fatti, subordinata. Ci sono due modi per guardare all'Ue: come ad un insieme di interessi nazionali, oppure - linea che noi prediligiamo - come ad un luogo di interessi comuni. Questa seconda prospettiva e' pero', purtroppo, ancora utopica. Gli altri Paesi continuano infatti a prediligere l'interesse nazionale. Preso atto che questo e' il gioco dominante, per la prima volta Roma ha deciso di partecipare seguendo le stesse regole. Un cambiamento di rotta adottato dal governo, che ha contribuito a tutelarci maggiormente sul piano comunitarioe

 

 

   
  SETTEMBRE 2005
  Cesano Maderno (MI)
   
  Ottima riuscita del rendiconto ai cittadini dell'attività 2004. Il sindaco di Cesano maderno che ha ospitato l'incontro  quest'anno , Paolo Vaghi che conduce una giunta di Centro sinistra, ha accolto Dario Rivolta dicendo: " Il tuo comportamento per i cesanesi è sempre stato esemplare: ti consideriamo il nostro rappresentante. Sei una persona libera, è una fortuna avere un deputato corretto come te". e